domenica 25 gennaio 2009

“Confessioni di un ribelle irlandese”


Brendan Behan
Giano editore 2003

Chi era Brendan Behan?
Uno scrittore?Un cantastorie?Un ubriacone?Un militante dell'IRA?Un avventuriero?
Un contrabbandiere?Uno spaccone?Un cavaliere d'altri tempi o un moderno Don Chisciotte irlandese?Per lui, in verità, l'unica cosa davvero importante era la sua personalissima idea di giustizia e di ideale da perseguire sempre con un tasso alcolico molto alto.

La sua vita irrequieta tra pub, bordelli e prigioni è costantemente innaffiata dalle immancabili pinte di birra scura e da svariati bicchieri di whisky, i quali confluiscono sempre in canzoni patriottiche e ballate popolari eseguite da Behan con estrema soddisfazione e compiacimento da parte di eventuali ascoltatori, siano essi secondini, imbianchini, avventori notturni, prostitute o preti e da tutti coloro i quali condividevano con lui l'amore incondizionato per il bicchiere sempre pieno, il dialogo,la lotta contro i prepotenti e la libertà assoluta come principio fondamentale dell'essere umano.
La sua appartenenza all'IRA (Esercito Repubblicano Irlandese) va intesa proprio per questo ideale altissimo di libertà e giustizia, ideale da perseguire non indietreggiando di fronte a nessuna sfida e restando sempre fedeli alla propria sensibilità. La lotta contro l'invasore inglese protestante nella libera terra d'Irlanda cattolica diventa la lotta di tutti i popoli oppressi per la propria autodeterminazione.
Brendan Behan fu anche un drammaturgo e un giornalista di successo sempre pronto a scandalizzare l'opinione pubblica e i “grandi intellettuali in giacca e cravatta, distinti e per bene” che ufficialmente erano i grandi uomini di cultura dell'Irlanda degli anni '60.Le due opere teatrali che conquistarono i palcoscenici più importanti in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Francia e in Irlanda furono “The Quare Fellow” (L'impiccato di domani) e “The Hostage (L'ostaggio) e furono le opere che fecero conoscere Behan in tutto il mondo.
Il libro “Confessioni di un ribelle Irlandese” è un racconto onesto, vero, una imprevedibile e picaresca autobiografia piena di avventure e di vita, la birra scorre come un fiume in piena e le vicende si susseguono quasi senza respiro: di prigione in prigione, di pub in pub, scorrazzando dal sud al nord dell'Irlanda, Behan si ritrova clandestino in Inghilterra (dove è considerato persona non gradita) e da qui lo troviamo nei bistrò Parigini, in qualità di corrispondente dell'Irish Times, seduto a sorseggiare del vino in compagnia di oscuri individui discutendo di probabili rivoluzioni e di logiche proletarie, lo troviamo imbianchino in Irlanda del Nord a pitturare grandi fari che scrutano l'oceano e lo vediamo mentre nasconde bottiglie di whisky nella borsa degli attrezzi da imbianchino per portarle dal sud al nord dell'Irlanda, perchè nel nord occupato dagli inglesi il whisky costa troppo.
Lo troviamo ancora seduto su un trespolo in un pub di Belfast vestito da prete a concedere assoluzioni in cambio di whisky, e ancora lo possiamo vedere somministrare droghe eccitanti ai levrieri da corsa per guadagnarsi da vivere.
Il libro è, a dir poco, eccitante e da ogni pagina sembra uscir fuori l'autore stesso che con un sorriso beffardo cerca di trascinarti dentro la carta e l'inchiostro con la promessa di una sbronza memorabile e di una ballata irlandese cantata con il cuore.
Lo stile delle confessioni è assolutamente lo stile del racconto orale, infatti il testo non venne scritto ma registrato al magnetofono con l'aiuto di Rae Jeffs, un amico di Behan, poco prima della morte dell'autore per le sue precarie condizioni fisiche.
Per capire un po' meglio il personaggio in questione prendo in causa il direttore del carcere del Borstal in Inghilterra, luogo in cui Brendan Behan fu ospitato a soli 19 anni, in quanto militante dell'IRA. Il suddetto direttore in una lettera parla di Behan come una persona comunque profondamente religiosa e quando comunicò al nostro amico che il peso della scomunica religiosa si era abbattuto su di lui a causa della sua militanza nelle file dell'IRA, il nostro sempre più caro amico rimase profondamente turbato perchè si sentì perduto senza la consolazione della religione (anche se qualche anno dopo Behan doveva farsi un paio di bicchieri di roba forte per trovare il coraggio di andare a messa!).
Al direttore del Borstal un giorno, poco prima della sua liberazione, Behan disse che la sua seconda religione era la libertà d'Irlanda facendo intendere che quindi si sarebbero sicuramente rivisti loro malgrado. In verità tra loro restò una amicizia che durò molti anni. Per quanto riguarda la scomunica, sicuramente servì a Behan per creare un suo personale credo secondo il quale potè autodefinirsi un “cattolico anticlericale” o in seguito un “ateo diurno” nel senso che occasionalmente si rivolgeva ai conforti della religione nelle ore di sole.
Un umorismo estremamente intelligente pervade tutto il libro che in 389 pagine non annoia neanche per un secondo anche se a volte non si capiscono bene i tempi, ma questo è un difetto, secondo me, trascurabile in quanto, essendo un racconto trascritto da una registrazione al magnetofono, mantiene tutto il fascino della tradizione orale.
Negli ultimi anni della sua vita Brendan Behan era ossessionato dall'idea della morte e il tempo lo passò tra corsie d'ospedale, aule di tribunale e celle di stazione di polizia fin quando non si arrese definitivamente al suo destino.
Nonostante le sue condizioni fisiche peggiorassero precipitosamente, non abbandonò mai la sua ironia feroce, fin quando sul letto di morte rivolgendosi a una suora che lo accudiva disse sorridendo: “Dio ti benedica, sorella; che tu possa diventare la madre di un vescovo!” E con questa battuta il giovane ribelle Irlandese chiuse gli occhi e salutò il mondo.

Stefano Meli


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