martedì 22 settembre 2009

Al Caffè letterari Heminqway "Una leonessa in Senegal"


Il Caffè Letterario Hemingway in collaborazione con l’Associazione Attinkité, l’Associazione Il Clandestino, l’Associazione Borderline Sicilia, la Libreria Saltatempo, organizza per venerdì 25 settembre, ore 20.30, la presentazione del libro “Una leonessa in Senegal”, con la presenza dell’autore Peppe Sessa.

In apertura: “Clandestino per forza. Italia” un monologo di e con Aymen Mabrouk
La serata si svolge in occasione del Clandestino Day, iniziativa nazionale per sottolineare la disumanità delle nuove norme del nostro Paese che considerano come colpevoli migliaia di persone, uomini, donne e bambini migranti, non per il fatto di aver commesso qualcosa di grave contro altri, ma per il fatto di essere senza documenti, cosa di cui fra l’altro non hanno alcuna colpa.

Aderiamo a questa iniziativa raccontandovi di un popolo che non ha alcun desiderio e nessun motivo di vivere in clandestinità.

Peppe Sessa, che in quelle terre ha viaggiato e con quelle genti ha parlato, vi racconta del Senegal, splendida terra ricoperta di baobab e foreste, in cui la magia e i ritmi dell’Africa nera giocano con le tradizioni orali sotto l’arbre a palabre e in cui la ricchezza si misura in relazioni sociali.




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lunedì 21 settembre 2009

Toccata e Fuga


Pubblichiamo un comunicato dell'Associazione Lavori in Corso - Catania

Dopo Munnizzopoli, è la volta di Toccata e Fuga, dossier sulla musica e l'esperienza artistica a Catania.
Nomi spesso sconosciuti in patria e apprezzati all'estero (con un precedente davvero illustre) nelle 32 pagine in formato *pdf che raccontano storie dell'attuale corso musicale catanese: tentativi di resistenza e altri fiori di diversa specie emergono dal deserto culturale posto al centro di "una raggiante" Catania di inizio secolo, fertile di talenti innovativi e di iniziative ma anche di voragini mentali in cui si perdono spesso le aspirazioni.


Toccata e Fuga è la seconda tappa del "viaggio al termine della notte" intrapreso dall'associazione Lavori in corso all'inizio del 2009. A 25 anni dalla scomparsa per morte violenta di Giuseppe Fava lo sforzo di fornire democrazia attiva alla Sicilia infrangendo il monopolio della disinformazione mediatica.

http://www.ucuntu.org/Dossier-musica-Toccata-e-fuga.html

E' prevista la presenza di band emergenti e operatori del settore

Presentazione ufficiale del dossier venerdì 25 settembre alle ore 18.30 presso il G.A.P.A. (centro di aggregazione popolare), via Cordai 47 Catania.

Come arrivare: dal Duomo Cattedrale e dal Porto: dieci minuti a piedi o in auto risalendo la Via Plebiscito per circa trecento metri, la via Cordai rimane alla vostra destra, il Gapa a dieci metri dall'imbocco della stessa

Con Bus N. 431 ( rosso e nero) dalla Stazione Centrale o tutti i bus che da questa raggiungono il Duomo.



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giovedì 17 settembre 2009

Recessione e mafie (1). È l’Eldorado delle economie illegali?


di Carlo Ruta

È il caso di partire da un dato. Nell’attuale crisi, la sola che riesce a evocare quella drammatica del 1929, un peso non da poco hanno avuto i flussi di capitali anomali, di origine illegale, per il rilievo del tutto particolare che i medesimi hanno recato nell’estendersi delle bolle speculative. Si consideri il caso della Russia, dove la forbice delle ricchezze ha assunto ampiezze iperboliche, anche al cospetto di paesi di tradizione liberal. Dopo il trauma dell’89, uomini d’affari legati spesso all’Organizatsya, la mafia di quelle regioni, hanno potuto dettare regole, fare accordi alla pari con pezzi di stato, fino al capolinea del Cremlino.


Sono andati quindi letteralmente all’assalto, puntando sull’industria metallurgica, sul petrolio, ma pure, con decisione, sul grande mercato immobiliare: tutto da ridisegnare dopo decenni di edilizia pianificata dalle burocrazie sovietiche. Con tali numeri si sono riversati altresì lungo i continenti, mettendo radici negli Stati Uniti, nell’oriente asiatico, in Israele, nell’Europa occidentale, Italia inclusa. Hanno alimentato trame speculative, incettato territori, animato paradisi già esistenti o in ascesa tumultuosa, come quello di Dubai, finendo per crearne di propri, come quello di Goa, in India, dove hanno avocato a sé, con guadagni d’oro, gran parte del territorio, combinando ad arte le suggestioni dell’effimero e il cash, la forza del contante.

Si tratta evidentemente di uno scorcio, solo rappresentativo di uno scenario multiplo, euforico, che ha visto del tutto ridisegnate le mappe delle fortune. È fin troppo sintomatico che nella lista dei più ricchi al mondo compilata da “Forbes” emergano oggi non soltanto nababbi russi dal profilo equivoco, come Oleg Vladimirovič Deripaska, notoriamente legato alla mafia moscovita dei fratelli Lev e Michail Černye, ma anche autentici gangster, come il narcotrafficante messicano Joaquin Guzman Loera, che dopo l’uccisione del colombiano Pablo Escobar ha avocato a sé il mercato della cocaina negli Stati Uniti. In sostanza, una genia riconoscibile di uomini d’affari, di radice criminale, proveniente da tutti i continenti, ha potuto partecipare a pieno titolo ai processi, li ha in parte sospinti, ha corroborato un metodo, imprimendo agli scambi velocità inconsuete, radicalizzando quindi il senso dell’azzardo. Ne sono un riscontro i paradisi del riciclaggio che, sorretti da potenti cartelli, proprio negli ultimi due decenni hanno potuto operare al massimo di giri. Se quelli della tradizione, dal Liechtenstein a Panama, dal Lussemburgo alla Svizzera, hanno guadagnato infatti in scioltezza, soprattutto i più recenti, meglio attrezzati alle situazioni, hanno fatto per certi versi il nuovo catechismo della finanza internazionale.

In sostanza, tali siti, pur connettendosi con la tradizione inesausta dell’evasione fiscale, hanno mutato carattere e modi, per certi versi specializzandosi, rendendosi sempre più organici alle economie propriamente criminali: in particolare ai traffici di narcotici, armi, esseri umani. Le contiguità, pure dirette e materiali, indotte da tali paradisi hanno contribuito altresì a superare remore e slargare gli orizzonti operativi. Evidentemente, le isole Cayman, che, come testimoniano le vicende della Bank of Credit and Commerce International e non solo, a lungo hanno costituito un punto di condensazione fra mafie ed economie ufficiali, sono solo l’emblema di un modo d’essere. Come può esserlo Lefkose, capitale della repubblica cipriota vassalla della Turchia, in cui, all’ombra di un centinaio di banche off-shore e di ben 18 casinò, da qualche decennio vengono organizzate le tratte dei migranti, e degli schiavi, che dall’oriente asiatico e dall’Africa si versano in Europa, dalle porte balcaniche, spagnole, siciliane. Dalle cose emerge insomma che i paradisi vecchio stampo, immobili, perfino riconoscibili, hanno lasciato il posto a un mondo ubiquo, mobile, al passo con i tempi, largamente impermeabile alle stesse rilevazioni dell’Ocse, e comunque irriducibile, malgrado il sommarsi di accordi, perlopiù incoerenti, fra governi dopo il varo del Patriot Act statunitense nel 2001.

Tutto questo, ovviamente, non può essere estraneo alle bolle speculative, che, impinguate pure dalla politica economica americana di questi anni, volta ad alzare valli di difesa e a pianificare assalti “preventivi”, alla fine sono esplose in modo catastrofico. E qui si innesta un paradosso. Se l’economia illegale ha contribuito, seppure da comprimaria, a generare la depressione economica dei nostri giorni, è quella che di più può beneficiarne. Le mafie del resto hanno sempre guadagnato dalle crisi, non soltanto economiche, dell’ultimo secolo. Quella italiana ha tratto vantaggi immensi dalle cesure del 1943-45. Quella russa e le altre slave hanno tratto uno slancio supremo dall’89. L’illegalità economica statunitense può essere detta figlia della grande crisi del 1929, perché proprio in quello snodo, nei primi anni trenta, i boss raccolsero maggiormente i frutti del contrabbando che aveva caratterizzato il decennio precedente, del proibizionismo: Al Capone in testa, che dall’hotel Lexington di Chicago, suo quartier generale, dettava legge alle ufficialità, mentre nei propri ristoranti offriva pasti caldi ai poveri che più erano stati colpiti dalla recessione.

In che modo, allora, gli imperi economici illegali stanno beneficiando della recessione? Il caso italiano, di certo fra i più rappresentativi per numeri e presenze in campo, consente di tracciare delle coordinate. È stato documentato che clan mafiosi stanno acquisendo proprietà d’immobili in tutta la Liguria, facendo leva sulla loro disponibilità di contante. È stato segnalato inoltre, con dovizia di dati, che è in crescita l’usura, quindi il passaggio di mano di attività economiche legali ad ambiti illegali. Allarmi in tal senso sono stati quindi lanciati dalla Direzione Nazionale Antimafia e da varie procure, oltre che da numerose associazioni, lungo tutta la penisola. Se si allarga tuttavia il quadro affiora dell’altro. Le mafie italiane, che secondo la Confesercenti muovono capitali per diverse centinaia di miliardi di euro, pari al 6 per cento del PIL, hanno sempre avuto un feeling con l’edilizia, come del resto quelle di ogni altro paese. Mai però come in questi anni, che proprio nella vicenda immobiliare hanno visto le accensioni economiche più telluriche, si sono dimostrate lungimiranti. Si sono rese artefici infatti di un importante progetto di diversificazione, che sta recando dei punti fermi in tre ambiti divenuti eminentemente economici: l’acqua, il ciclo dei rifiuti, le energie, incluse quelle che vengono dette alternative, come nel caso delle eoliche. E tali affari, a conti fatti, non possono conoscere crisi né in Italia né altrove, almeno nei modi e nei numeri che adesso, a titolo generale, si registrano.

Tale paradigma non può valere d’altronde solo per questo paese. La crisi, che ha avuto l’epicentro negli States ma si è propagata ovunque per le interdipendenze del sistema, è stata originata soprattutto dalle bolle speculative, abnormi, che hanno interessato il mercato immobiliare. Non c’è ragione quindi di ritenere che le economie illegali di stati come Colombia, Russia e Stati Uniti, non prive peraltro di nessi con quella italiana, si siano mosse diversamente. E alcuni dati ne danno conto. È documentato che la mafia russa e quella cecena sono presenti nel business del petrolio, dei materiali radioattivi, del gas. È emerso in particolare che il controllo esercitato dalla neftemafiya sulle esportazioni di greggio, ha provocato alla Federazione Russa perdite annue per miliardi di dollari. I dati delle maggiori borse internazionali, inclusa quella di Piazza Affari, confermano d’altronde che i titoli dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica, le cosiddette Utilities, hanno retto meglio di altri, inclusi quelli del mitico Nasdaq, ai colpi della recessione. Prova ne è che i fondi EFT, contenenti i titoli delle 30 maggiori società multinazionali dell’acqua, sono fra i pochi in questi tempi a garantire degli utili. 10 mila dollari investiti in tali titoli agli inizi del 2002, sono diventati infatti 20 mila a fine 2008. Mentre altri fondi, soprattutto a causa dei rovesci del biennio 2007-2008, hanno dato di massima risultati negativi.



Fonte: Domani.arcoiris.tv


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domenica 13 settembre 2009

19 settembre: Noi ci saremo!


Noi ci saremo. Il clandestino aderisce pienamente alla manifestazone, prevista a Roma per il 19 settembre, a difesa della libetà d'informazione. Sia a livello nazionale che a livello locale la situazione è a rischio, bisogna salvaguardare la libertà d'informazione.


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sabato 12 settembre 2009

Annullato il concerto dei Qbeta


Per motivi burocratici non si terrà la festa del clandestino con i Qbeta, a Villa Vinciucci. Ci scusiamo e speriamo in un'intesa futura maggiore con gli organi competenti, pensando che iniziative come queste siano importanti per sensibilizzare i giovani e non alla legalità e ad un giornalismo con la schiena dritta. Ce ne vorrebbero di più, non di meno. Ci rifaremo la prossima!



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lunedì 7 settembre 2009

Ospiti: Qbeta



Il gruppo nasce a Solarino ad opera dei fratelli Cubeta, dai quali prende il nome e che gli stessi definiscono una «band etno funky mediterranea»[1].

La diversa estrazione musicale dei componenti (jazz, rock, classica) ha portato ad uno stile nato dalla miscelazione di diversi generi: musica etnica, jazz, funk e musica latina, il tutto in chiave "mediterranea" che, appunto, è stato ribattezzato «world music mediterranea»[2]. L'aspetto più evidente di tale "mediterraneità", però, non riguarda solo gli arrangiamenti, ma anche il tenore dei testi delle loro canzoni che sovente sono in dialetto (tra le tante: Giuvanni Funky, I re, Menu mali ca c'è u mari, Kuturissi).
Numerosi gli interventi della band solarinese ad importanti manifestazioni musicali nazionali ed internazionali, come ad esempio Arezzo Wave, la trasmissione televisiva condotta da Red Ronnie, Roxy Bar (con la canzone Pulifemu, il cui arrangiatore era Roy Paci),[3] la quinta edizione del Social Forum di Porto Alegre in Brasile nel 2005 (unico gruppo italiano ad essere selezionato per quella manifestazione) ed il Forum del Mediterraneo di Barcellona, sempre nel 2005.[4]
Infine, alcuni brani dei Qbeta sono stati inseriti nella programmazione musicale di Radio 2: Arrakkè e Scappa Carmela nel programma Caterpillar, Kuturissi e Voglio vivere così (cover del successo di Ferruccio Tagliavini) nella trasmissione di Fiorello e Marco Baldini, "Viva Radio2".


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Ospiti: Pino Maniaci


Pino Maniaci, imprenditore edile, rilevò Telejato nel 1999. Prima Telejato era legata a Rifondazione Comunista[1].

Negli anni l'attività dell'emittente si è caratterizzata per la sua opera di informazione orientata alle notizie relative alla criminalità organizzata sovente con toni di denuncia in un bacino d'utenza caratterizzato storicamente dalla forte presenza mafiosa: Alcamo, Partinico, Castellammare del Golfo, San Giuseppe Jato, Corleone, Cinisi, Montelepre.



Altri temi trattati sono quelli relativi alla gestione amministrativa, questione ambientale, economia, degrado del clima politico, speculazioni sul territorio. [2][1]

Nel panorama informativo italiano Telejato è di fatto il punto di riferimento per redazioni e giornalisti nazionali che ricercano notizie nell'area di operatività dell'emittente (“Ambiente Italia”, “Le Iene”, “Sciuscià”, giornalisti de “l'Unità”, de “Il Foglio”, di “Liberazione”, del “Corriere della Sera”, di “La Repubblica”) [2].

Letizia Maniaci di Telejato, è stata insignita del premio Maria Grazia Cutuli come giovane giornalista emergente [2] [1].

Tra i collaboratori dell'emittente vi è anche Salvo Vitale, già conduttore con Peppino Impastato di Radio Aut[1].

Il direttore di Telejato, Pino Maniaci, non ha mai richiesto l'iscrizione nell'albo dei giornalisti. Il 30 marzo 2009 è stato rinviato a giudizio per esercizio abusivo della professione di giornalista [3], nonostante il 10 luglio 2008 fosse già stato assolto con formula piena in un altro processo per la stessa accusa, perché il fatto non sussisteva [4].

Le aggressioni mafiose [modifica]

Negli anni l'emittente e il suo proprietario, Pino Maniaci, hanno ricevute molteplici minacce e subito diversi attentati mafiosi, tra i più gravi c'è il "pestaggio" subito da Pino Maniaci nel gennaio del 2008 ad opera del figlio di un boss mafioso [5].

Il 17 luglio del 2008 viene incendiata una delle auto dell'emittente parcheggiata sotto la sede della televisione [6].

Pippo Maniaci, direttore della televisione comunitaria Telejato è sotto tutela da parte dei carabinieri.[7]

Cittadini, organizzazioni sindacali, organizzazione laiche ed ecclesiali, associazioni (e tra queste l'associazione Rita Atria) hanno promosso l'iniziativa "Siamo tutti Pino Maniaci" in solidarietà a Pino Maniaci


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Ospiti: Riccardo Orioles


Nato a Milazzo, dove comincia negli anni '70 con il giornalismo "impegnato" in piccoli giornali locali e le prime radio libere, assieme a Pippo Fava ha fondato nel 1982 e poi sostenuto il mensile I siciliani, edito a Catania, che ha avuto il merito di denunciare le attività illecite di Cosa Nostra in Sicilia. Cavalieri, massoneria, mafia e politica i temi principali di un giornalismo che si proponeva rigoroso nelle inchieste e nel mestiere di comunicare e portare alla luce ciò che la mafia per anni aveva fatto al buio. Giuseppe Fava, a un anno dalla nascita del giornale, viene ucciso dalla mafia.


Orioles è il punto di riferimento più forte nella redazione del dopo Fava, impegnato a contrastare in ogni modo il fenomeno della mafia; guida un gruppo che si contraddistinguerà negli anni per l'unità e per la qualità delle inchieste svolte. Egli è stato inoltre tra i fondatori del settimanale Avvenimenti e caporedattore dello stesso fino al 1994. Dalla riapertura, nel 1993, fino al 1995 ha diretto I siciliani.

Dal 1999, svolge la sua attività giornalistica scrivendo e diffondendo l'e-zine gratuita La Catena di San Libero.

Nel maggio 2006 esce la sua ultima fatica: Casablanca, mensile (che ha fondato e dirige) col quale continua a denunciare mafie e corruzioni. Nel corso del 2008, la redazione di Casablanca annuncia l'imminente chiusura per mancanza di fondi e, nonostante i numerosi appelli lanciati a livello nazionale, è costretta a sospendere le pubblicazioni. Parte dei giornalisti impegnati in Casablanca, insieme alle personalità più attive della società civile, ha poi ripreso forma e dato seguito ai precedenti contenuti nel magazine online 'U cuntu[1], disponibile anche in un formato pdf liberamente scaricabile.

La catena di San Libero

La Catena di San Libero vide la sua prima diffusione il 25 ottobre 1999. Da allora è stata diffusa sempre tramite posta elettronica, e ripresa da numerosi siti internet ed alcune testate giornalistiche.

Per diversi anni il portale di intrattenimento Clarence ha pubblicato la Catena di San Libero dando al giornalista uno stipendio. Il tutto senza censure di nessun genere.

Opere su Riccardo Orioles

Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, 1999).




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Ospiti: Carlo Ruta


Fino ai primi anni novanta è stato direttore della rivista bibliografica Libri meridionali.

Ha pubblicato libri di investigazione storica e sociale come: Il binomio Giuliano-Scelba (Rubbettino 1995), Gulag Sicilia (Rubbettino 1993), Appunti di fine regime (Rubbettino 1994), Cono d'ombra. La mafia a Ragusa (Edizioni La Zisa, Palermo 1997), Il processo come tarlo della Repubblica (Era Nuova, Perugia 1994) Politica e mafia negli Iblei (Edizioni La Zisa, 1998), Giuliano e lo Stato (Edi.bi.si., Messina 2003), Segreti di banca. L'Antonveneta dai miracoli del nord-est agli intrighi siciliani (Edizioni Le Pietre, 2004), Morte a Ragusa (Edi.bi.si. 2005), sull'assassinio del giornalista de L'Ora e de L'Unità Giovanni Spampinato.



Dirige alcune collane editoriali, in particolare "Biblioteca storica del viaggio in Sicilia" della casa editrice Edi.bi.si. di Messina. Per tale collana ha firmato diversi titoli, fra cui Viaggiatori in Sicilia nel Settecento. L'immagine dell'isola nel secolo dei lumi.

Ha curato il sito accadeinsicilia.net[1], di cui è stato imposto l'oscuramento nel dicembre 2004. Dal febbraio 2005 cura il blog di documentazione storica e sociale leinchieste.com[2]. Ha scritto e scrive sul mensile "Narcomafie", su "Libera Informazione" di Roberto Morrione, su "Il Manifesto", sul portale telematico per la pace "Peacelink" [3], su "L'isola possibile", rivista-inserto mensile del quotidiano "Il Manifesto". E' membro onorario del Centro Studi e Ricerche "Aleph" [4].

La condanna per stampa clandestina

L'8 maggio 2008 è stato condannato per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato Accade in Sicilia, diffuso su internet, senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale competente[1].

La violazione è quella dell'art. 16 della legge 47 del 1948 che riguarda principalmente i giornali cartacei ma che è stata in questo caso applicata al web e ai blog[2].


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Ospiti: Luciano Mirone


Figlio di un ufficiale dei Carabinieri, inizia giornalisticamente fondando a Trapani, insieme a Giacomo Pilati, Vito Orlando e Salvatore Mugno il periodico giovanile Lo Scarabeo, di cui è anche direttore. Collabora poi con la redazione trapanese del Giornale di Sicilia. Tornato a Catania, professionalmente si è formato ne I Siciliani di Giuseppe Fava. Per quattro anni ha diretto una piccola televisione della provincia catanese.


È autore di inchieste e libri sulla mafia. Con Rubettino editore ha pubblicato nel 1997 "Le città della luna". "Otto donne sindaco in Sicilia", e nel 1999 "Gli insabbiati" che ha avuto un buon successo di critica e di pubblico, ed è stato presentato, in almeno una trentina di città, da Palermo a Milano. Il libro è la storia degli otto "giornalisti siciliani uccisi dalla mafia e sepolti dall'indifferenza" (si tratta di: Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mauro De Mauro, Beppe Alfano, Mauro Rostagno, Mario Francese, Giuseppe Fava).
Ha pubblicato anche "Michele Abruzzo racconta... Il Teatro Siciliano", edizioni Greco.
Collabora con Il Venerdì (inserto settimanale de "La Repubblica"), Oggi e con la redazione palermitana de "La Repubblica". Nel 2008 ha pubblicato con A&B "L'antiquario di Greta Garbo. Taormina, l'ultima dolce vita siciliana".

Pubblicazioni

* Luciano Mirone, Michele Abruzzo racconta... Il teatro siciliano, Catania, Greco, 1992. ISBN 9788875123314
* Luciano Mirone, Le città della luna. Otto donne sindaco in Sicilia, Collana: Il colibrì, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1997. ISBN 8872845793
* Luciano Mirone, Gli insabbiati: storie di giornalisti uccisi dalla mafia e sepolti dall'indifferenza, Roma, Castelvecchi, 1999. ISBN 8882101169 (Una nuova edizione è stata pubblicata nel maggio 2008)
* Luciano Mirone, Un sogno in biancoverde. La fantastica storia della Belpassese, Collana: Sguardi, Acireale, A&B, 2006. ISBN 9788877281128
* Luciano Mirone, L'antiquario di Greta Garbo. Taormina, l'ultima dolce vita siciliana, Collana: Sguardi, Acireale, A&B, 2008. ISBN 9788877281340



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giovedì 3 settembre 2009

Ragusa: Maxi licenziamento precari della scuola


Questa mattina, giorno 31 agosto 2009, presso l’Ufficio Scolastico di Ragusa, numerosi docenti impiegati nel mondo della scuola da parecchi anni con incarichi a tempo determinato hanno appreso, con indicibile sconcerto, che rimarranno a casa!
Sono rimasti basiti e increduli davanti alla cruda realtà dei tagli effettuati dal governo con l’ultima manovra economica.


Si cercava una spiegazione magari inseguendo delle risposte in quelle poche rappresentanze dei sindacati presenti, i quali sembravano basiti e senza parole, allargavano le braccia davanti alla rabbia e allo sconcerto; rabbia che ha colpito soprattutto numerose maestre di scuola primaria che, infuocate, invocavano il loro diritto al lavoro, negato e ignorato oggi, come non mai.
Ma è questa la realtà che ci troviamo ad affrontare, 18 mila supplenti, in tutta Italia, dopo anni di incarichi, resteranno a casa senza stipendio a causa dei tagli agli organici ordinati dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e predisposti dalla collega dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, provvedimenti che hanno messo in ginocchio l’istituzione cardine per lo sviluppo e la formazione della società civile: la scuola.
Fonti statistiche accertano infatti che, nonostante l'aumento degli alunni e il numero di questi per classe, il governo ha tagliato 57.368 posti. E siamo solo all'inizio, perché il piano di razionalizzazione del governo è quello di tagliare in tre anni (2009/2010 - 2011/2012) 130 mila posti nella scuola.
Ma cosa c’è di razionale in tutto questo?
Molte famiglie dovranno adattarsi alla nuova situazione, cercando di andare avanti e crescere i figli con un solo reddito, senza contare fra l’altro tutte quelle realtà in cui entrambi i coniugi sono precari della scuola, allora veramente si può parlare di annullamento della persona, oltre che di completa sfiducia nell’intero sistema!
È proprio così, le scene apocalittiche come quella a cui oggi abbiamo assistito a Ragusa, sono comuni in molti provveditorati d’Italia, e rendono veramente difficile continuare a sperare in un miglioramento della situazione dei docenti e di tutti quei precari statali in genere. A Milano e Torino i docenti precari hanno già programmato delle proteste da attuare nei prossimi giorni, così anche a Bari, Benevento, Palermo, Catania e Trapani, mentre a Caserta marito e moglie, rimasti senza lavoro, hanno minacciato di lanciarsi dalla finestra dell’Ufficio Scolastico Provinciale.
Sottolinea Giuseppe Denaro segretario generale della Cisl Scuola di Catania -"Le incerte prospettive occupazionali del personale precario costituiscono una pericolosa miscela esplosiva. Da mesi siamo impegnati nel confronto con il Miur a Roma e con la Regione Siciliana a Palermo per dare tutele ai precari le cui richieste e ragioni sostiene da sempre. Le migliaia di precari senza lavoro sono il frutto di una politica di tagli che sta sacrificando in modo indiscriminato le ragioni della scuola a quelle dell'economia. La Cisl Scuola - conclude Denaro - ritiene legittima l'esasperazione delle lavoratrici e dei lavoratori e la preoccupazione crescente delle famiglie e degli studenti per il peggioramento della qualità della scuola e l'incertezza occupazionale". Il segretario del Pd Dario Franceschini afferma che:
"In un periodo in cui si lotta per tutelare i posti di lavoro, lo Stato mette in atto il più grande licenziamento collettivo mai fatto". Credo che proprio in questo momento le parole possano servire ben poco, servirebbero proteste serie e l’istituzione di un dialogo più attivo tra il governo centrale e le forze di rappresentanza della categoria in questione, al fine di attivare un tavolo straordinario di concertazione per rivedere tutto il piano finanziario che riguarda il mondo della scuola. “Vogliamo i posti che ci avevate promesso prima delle elezioni!” parole dettate dalla rabbia di una delle tantissime precarie che oggi hanno subito il duro colpo. C’è da domandarsi dove sono finiti tutti quei numeroni vacui sulla stabilizzazione di più di 10.000 docenti di scuola primaria e secondaria che certi elementi sbandieravano al vento nelle piazze italiane? È lecito diffondere notizie non veritiere e illudere tanti pur di vincere le elezioni? Vorremmo incontrare adesso quei colletti bianchi che, con sapiente dialettica, hanno saputo illudere giocando coi numeri e con le vite delle persone più deboli, che soffrono da anni solo perché hanno scelto di inseguire la loro attitudine, il loro sogno; è gente vera e concreta che ha lottato con forza per far rispettare poi un diritto che dovrebbe essere garantito sempre e comunque, sono persone che si sono formate quando ancora questo stato garantiva il futuro a molti, quando ancora si credeva nel domani, nella scuola, nel sistema sanitario, in quello giudiziario, nel servizio d’ordine pubblico, erano tempi in cui la sicurezza non era un’utopica sensazione, ma era una realtà concreta e solida. E poi ci chiediamo perché i nostri figli hanno smesso di sognare, perché gli alunni sono sempre più confusi ed inseguono effimere illusioni, perchè non si investe più nella ricerca e nelle risorse umane, perché avviene la fuga dei cervelli fuori dal territorio nazionale.
Questi perché riaffioravano dall’amarezza e dall’estrema delusione di tutte quelle persone che in questi giorni sono state umiliate e beffeggiate da una crudele sorte, colpevoli solo di aver inseguito con determinazione e fede un sogno e di aver vissuto purtroppo in uno dei periodi più bui che la società civile italiana abbia mai attraversato.




Graziana Iurato



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