venerdì 9 gennaio 2009

“Chi ha paura muore ogni giorno”. Giuseppe Ayala ci racconta i giorni con Falcone e Borsellino


“Chi ha paura muore ogni giorno” è il libro scritto da Giuseppe Ayala, il componente del pool antimafia di Palermo che negli anni ’80 rappresentò l’accusa nel maxiprocesso a Cosa Nostra. Ayala ripercorre, con estrema passione, l’esperienza con Falcone e Borsellino. Un’esperienza ricordata soprattutto dal punto di vista umano. Tanti gli aneddoti divertenti sui membri del pool antimafia. Ma da questo punto di vista si ripercorre una parte della storia della mafia e della lotta alla mafia. Una lotta che tanti uomini, delle istituzioni e non, hanno combattuto molte volte senza lo Stato dietro.
“Lo Stato non ha ancora voluto giocare fino in fondo questa partita” afferma Giuseppe Ayala e dalle sue espressioni trapela tutta la passione e la rabbia di chi ha sacrificato parte della vita a contrastare la mafia e di chi a visto morire gli amici con cui aveva condiviso questo duro percorso. Il giudice Ayala ha tante cose da dire sulla mafia, come si accorgerà chi avrà il piacere di avere tra le mani il suo libro, e un po’ di cose c’è le dice tramite le pagine de Il clandestino.
Da cosa è nata l’esigenza di scrivere questo libro?
Io lo avevo in testa, e forse più nel cuore che in testa. Quando ho finito l’esperienza da parlamentare e sono tornato a fare il magistrato è scattato un meccanismo che mi ha fatto rivivere l’esperienze avute. Questo mi ha fatto venire la voglia di scriverlo, ma onestamente era da tanto tempo che ci pensavo.
Prendendo spunto dalla cancellazione del nome di Pio La Torre dall’aeroporto di Comiso, che valore ha per lei la memoria?
Questo è un problema che riguarda i comisani, io non mi mischio in questa scelta. So che vogliono ripristinare il vecchio nome dell’aeroporto, non ne vogliono inventare un altro. Mi auguro che questa città non si dimentichi di Pio La Torre. Non c’è dubbio che la battaglio contro i missili sia stata una concausa della sua uccisione. Ripristinare il vecchio nome dell’aeroporto è una scelta dei comisani, mi auguro che il sindaco faccia questa scelta interpretando i sentimenti di questo paese.
Non pensa sia importante ricordare gli eroi della mafia come Falcone, Borsellino, Impastato e anche Pio La Torre?
Non c’è dubbio e La Torre è una delle vittime della mafia. Ovviamente non si può fare una gerarchia delle varie vittima, ma che è uno che ha sacrificato la propria vita per una battaglia di civiltà e democrazia è fuori discussione. Penso che la città di Comiso se dovesse ripristinare il vecchio nome dell’aeroporto saprà come ricordare Pio La Torre.
Una domanda difficile, che ricordo ha di Falcone e Borsellino?
Ho un ricordo di un’esperienza umana, prima ancora che professionale, che si è conclusa tragicamente ma che è stata straordinaria. Sono stati dieci anni che hanno riempito la mia vita. Negli anni più importanti, quelli in cui un uomo realizza, davvero, se stesso. Io ho conosciuto Falcone che avevo 36 anni e quando loro sono morti ne avevo 47 anni. Questo periodo lo abbiamo vissuto assieme. Mi ricordo, in particolare, lo straordinario privilegio che mi è toccato lavorando con tutti e due, in particolare, con Falcone con cui facevamo anche le vacanze assieme. È stata una specie di convivenza di fatto la nostra e ho imparato moltissimo, e non mi riferisco al lato professionale ma al fatto umano. Falcone è un uomo che mi ha cambiato la vita.
Quale è il suo giudizio sull’operato del governo nel campo dell’antimafia?
È un governo che c’è da poco, non ho nessun giudizio da dare. In generale, lo spiego anche nel libro, aspetto che lo Stato cominci a giocare fino in fondo la partita contro la mafia. Io ancora questo non l’ho visto, a prescindere dal colore di chi è al governo.
Dopo l’arresto di Provenzano e Lo Piccolo, in che stato è la mafia?
Si va imborghesendo sempre di più, è diventata più subdola e pericolosa. Si sta restringendo l’area di mediazione, di collusione perché, ormai, esponenti della mafia siedono direttamente nei posti di potere. Io non partecipo alla gara di chi vuole stabilire se la mafia è più forte di ieri, o viceversa. Non me ne importa niente, il mio problema è che la mafia esiste ancora e non vedo vicino il giorno in cui verrà sconfitta definitivamente. Si è chiuso il ciclo di quelli chi i palermitani chiamavano i “viddani”, cioè Riina e Provenzano, sanguinari da morire, come mai nella storia della mafia. Questa fase si è chiusa e si è aperta un’altra fase. Da quindici anni la mafia non ammazza più, che è un dato che va ricordato e anche in maniera positiva: per fortuna non ammazzano più. Sono tornati ad una vecchia strategia, quella della clandestinizzazione, dell’inabissamento ma continuano ad essere presenti e condizionano le scelte economiche, politiche, burocratiche non solo siciliane. È un fenomeno simile a quello che si è verificato negli Stati Uniti una ventina di anni fa. I figli hanno studiato, si sono laureati, i capitali accumulati sono stati riciclati e quindi il colletto bianco ormai è mafioso. Non sempre, ma spesso.

Giorgio Ruta

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