venerdì 31 luglio 2009

E' uscito il nuovo numero de Il clandestino. Ecco dove trovarlo!


A seguire i punti vendita in cui potete trovarlo. Per qualsiasi informazione e per ricevere copie del mensile contattateci al nostro indirizzo e-mail.

MODICA
Libreria Mondadori, C.so Umberto I
Caffè Letterario Hemingway, C.so Umberto I
Bar Fucsia, S.s. 115
Caffè Consorzio, Via S. Giuliano
Tabacchino la Pineta
Caffè Adamo, Via Marchesa Tedeschi
Caffè Macchiato, Piazza Monumento
Bar I Portici
Edicola Piazza Monumento
Edicola Aurnia, C.so Umberto I
La Bottega Solidale, C.so Umberto I
Camera del Lavoro, Via Nazionale
Edicola Sammito, C.so Principessa Maria del Belgio
Uomo Club, C.so Principessa Maria del Belgio
Barycentro, C.so Umberto I
Istituto magistrale, C.so Umberto I
N’ti Viciè Pub, Piazza Gianforma (Frigintini)
Liceo Scientifico
Mercatissimo, C.so Tenente Nino Barone
Tabacchino Plaza, centro commerciale
Edicola, quartiere Dente
Dolceria Elisir, Via Sacro Cuore
Dolceria Scivoletto, Via Nazionale
Bronze, Piazza Matteotti
Sound check Music, Via Nazionale
Liceo Artistico
Università

POZZALLO
Bottega solidale

VITTORIA
Bottegotto Solidale, via R.Settimo angolo via Cavour
Camera del Lavoro-Cgil, via Bixio 60.

RAGUSA
Libreria Mondadori, Via Roma
Edicola, via Roma
A Putia Siculamente, Via Carducci

NOTO
Edicola Giacchino Corso Vittorio Emanuele 97
Pasticceria Costanzo Via Silvio Spaventa, 7/9




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mercoledì 22 luglio 2009

Intervento dei comitati contro l’inquinamento elettromagneto di Modica.


Nell’anno 2003 il consiglio comunale votò un piano di posizionamento dei ripetitori di telefonia mobile predisposto dalla POLAB. La realizzazione del piano ha comportato uno studio al fine di individuare tutte le aree di proprietà del comune su cui era possibile installare gli impianti per la telefonia mobile. L’obiettivo primario del piano è di salvaguardare la salute dei cittadini minimizzando l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nello stesso tempo garantire la copertura di rete e per ultimo permettere di avere al comune di Modica un’entrata derivante dal canone d’affitto.Finalmente nel Marzo 2009 l’amministrazione comunale ha approvato il nuovo “REGOLAMENTO PER L’INSTALLAZIONE DI IMPIANTI DI RADIOCOMUNICAZIONE.” che definisce le regole per l’installazione e i criteri per la localizzazione dei nuovi impianti e di quelli i cui contratti di locazione sono in scadenza o scaduti e ribadisce il rilascio dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione esclusivamente nei siti individuati dal piano POLAB.

A seguito dell’approvazione del regolamento si sono costituiti due comitati contro l’inquinamento elettromagnetico e hanno ufficialmente chiesto all’amministrazione l’attuazione del regolamento che prevede soprattutto la formazione del gruppo tecnico di valutazione al fine di verificarne l’attuazione.

A distanza di 4 mesi il gruppo tecnico di valutazione non è stato ancora costituito nonostante le diverse richieste dei comitati.

I comitati pertanto sollecitano l’amministrazione affinché affronti il problema dell’inquinamento elettromagnetico in modo deciso attuando in primo luogo il regolamento. Si chiede inoltre di avviare un percorso di informazione della cittadinanza che abita o lavora nelle aree interessate.

Piero Paolino, Portavoce “Comitati contro l’inquinamento elettromagnetico”



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Secondo appuntamento con la città informata


Secondo appuntamento con LA CITTA’ INFORMATA, l’incontro tra mezzi di informazione e amministrazione comunale con la formula dell’intervista collettiva. Diversi giornalisti della carta stampata e della tv porranno, a turno, una serie di domande al Sindaco Antonello Buscema sui temi che riterranno liberamente di individuare e questi risponderà direttamente o coinvolgerà gli assessori di competenza. La partecipazione è aperta ai cittadini, i quali, se vorranno, potranno poi intervenire tramite e-mail all’indirizzo che verrà fornito dall’amministrazione.

VENERDI’ 24 LUGLIO alle ore 18,30 presso l’Auditorium Mediterraneo a Marina di Modica.




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venerdì 17 luglio 2009

Manifestazione a Palermo per il 19 luglio 2009


Sono passati quasi diciassette anni dalla strage di via D'Amelio a Palermo in cui furono uccisi Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Walter Eddie Cosina. Nonostante la magistratura e le forze dell'ordine abbiano individuato e perseguito numerosi mandanti ed esecutori della strage, rimangono pesanti zone d'ombra sulle entità esterne all'organizzazione criminale Cosa Nostra che con questa hanno deliberato e realizzato la strage stessa.

Per il 19 luglio di quest'anno, sarà una domenica, come 17 anni fa, insieme alle redazioni di www.19luglio1992.com e di ANTIMAFIADuemila e a tanti altri amici e compagni di lotta stiamo organizzando, al posto delle solite commemorazioni, una manifestazione popolare articolata in una serie di iniziative con lo scopo di chiedere che sia fatta giustizia e di sostenere tutti i Servitori dello Stato che nel corso di questi anni hanno sempre dato il meglio di se' affinche questo diritto di tutti noi fosse tradotto in fatti.
Vogliamo così quest'anno evitare che, come più volte è successo nel passato, delle persone che spesso indegnamente occupano le nostre Istituzioni arrivino in via D'Amelio a fingere cordoglio ed assicurarsi così che Paolo sia veramente morto. Vogliamo impedire che si celebrino riti di morte per chi, come Paolo Borsellino e i suoi ragazzi, sono oggi più vivi che mai.
Se lo faranno grideremo loro di andare a mettere le loro corone funebri sulla tomba di Mangano, è quello il "loro" eroe.
Spero che saremo in tanti, e tutti con una agenda rossa in mano per ricordare i misteri che ancora pesano su Via D'Amelio, i processi che vengono bloccati appena arrivano a toccare gli "intoccabili", i mandanti di quelle stragi.
Da Via D'Amelio, con quell'agenda in mano, andremo al Castello Utveggio, il posto dal quale una mano, che non era la mano di una mafioso ma di chi con la mafia ha stretto un patto scellerato, ha inviato il comando che ha fatto a pezzi Paolo e la sua scorta.
Vi chiedo di dedicare un giorno della nostra vita a Paolo e i suoi ragazzi che hanno sacrificato la loro vita per noi.
Sarà il giorno di inizio della nostra RESISTENZA,
Una RESISTENZA che sarà fatta di azioni e non solo di parole,
Una RESISTENZA che ci farà riappropriare del nostro paese e del nostro futuro


Salvatore Borsellino





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giovedì 16 luglio 2009

GIUSEPPE FAVA E I SICILIANI


“La mafia è dovunque, a Palermo, a Catania, come a Milano, Napoli, Roma, annidata in tutte le strutture come un inguaribile cancro”, scriveva Giuseppe Fava nell’83 su “I siciliani”, un giornale battagliero e coraggioso che si è cercato di mettere a tacere assieme al suo direttore. Fava aveva visto giusto. Oggi sappiamo che la mafia è una realtà non solo regionale ma nazionale e costituisce una delle ragioni dell’arretratezza del nostro paese. Se non facciamo pulizia, se non tagliamo con severità i rapporti fra le mafie e le strutture dell’amministrazione pubblica, fra le mafie e le banche, fra le mafie e alcune zone buie della magistratura, non ne usciremo, come diceva Fava.

IL 5 gennaio dell’84 Giuseppe Fava viene ucciso brutalmente da mani mafiose e il giornale –tutti lo pensano e lo suggeriscono- si accinge a chiudere. Ma i redattori che hanno lavorato con Fava, mettendo nell’impresa le loro energie, i loro stipendi spesso non pagati, il loro tempo, il loro coraggio, la loro passione civile, decidono di non chiudere.

Sarebbe stato logico che la società siciliana li ripagasse non solo comprando il giornale ma anche finanziandolo con pubblicità e sostegno. Invece no. IN Sicilia chi con coraggio fa il suo dovere, viene prima o poi punito. Così succede che per anni “I siciliani” si trovi completamente privato di pubblicità e sappiamo quando sia importante per la sopravvivenza della informazione il sostegno della pubblicità. Molti cittadini comprano il foglio ma nessuno industriale o commerciante ci mette più una lira. Si cerca in tutti i modi di fare tacere una voce libera.

Ora dopo più di vent’anni dalla morte del suo direttore, i redattori che nel frattempo hanno inventato altri giornali e altre riviste, vengono attaccati con spirito punitivo per via legale. Alcuni giornalisti fra cui Graziella Proto, Elena Brancati, Claudio Fava,Rosario Lanza e Lillo Venezia, membri del Cda della cooperativa che stampava il giornale, rischiano di perdere le loro case “per il puntiglio di una sentenza di fallimento che si presenta venticinque anni dopo a reclamare sui debiti della povera cooperativa”. “ Il precetto di pignoramento è stato già notificato, senza curarsi di attendere nemmeno la sentenza di appello.” Una delle case pignorate è quella in cui è nato e cresciuto Giuseppe Fava. Ma il paradosso, che fa pensare appunto a una punizione per via burocratica, è che il creditore principale, l’Ircac, è un Ente regionale disciolto da anni.

IN una città come Catania, che ha un debito colossale dovuto a cattiva amministrazione, una città in cui gli sprechi sono all’ordine del giorno, ci si accanisce contro dei giornalisti coraggiosi che hanno avuto il solo torto di dire le cose come stanno.

Darò il buon esempio mandando 200 euro alla Fondazione Giuseppe Fava, presso il Credito siciliano, agenzia di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT) IBAN IT22A0301926122000000557524. Causale “Per I Siciliani”. Spero che altri mi seguano.

Dacia Maraini




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lunedì 13 luglio 2009

Inceneritori di Sicilia. Le oscurità di una società milanese e i danni possibili di un subappalto da record


Berlusconi li chiama “termovalorizzatori verdi”. In realtà i mega-inceneritori previsti per la Sicilia dai bandi di gara del 2009 saranno i più pericolosi per la salute e l’ambiente. A dispetto dei diritti delle popolazioni dell’isola, così vengono tutelati gli interessi del gruppo Falck e della Pianimpianti, impresa fra le più discusse, amministrata dal calabrese Roberto Mercuri.

di Carlo Ruta

In un discorso recente ad Acerra, Silvio Berlusconi è stato chiaro nel dire che gli inceneritori destinati alla Sicilia dovranno essere dello stesso tipo di quello esistente nei pressi della città campana, battezzato dal medesimo il “termovalorizzatore verde”. Nei bandi siciliani del 2003 venivano richiesti in effetti inceneritori di tale tipo, a griglia mobile, con sistema di depurazione a secco. Con tali caratteristiche quindi, nel 2005, il gruppo Falck, capofila delle compagini vincitrici di tre gare su quattro, li ha ordinati in subappalto alla società milanese Pianimpianti, per mezzo miliardo di euro. Gli stessi sistemi recano altresì quelli richiesti dai nuovi bandi di gara, dell’aprile 2009. Il capo del governo, evidentemente, a tutto ciò si è riferito. I conti però tornano poco, anzitutto sotto il profilo tecnologico, se si considera che il modello richiesto dai bandi di sette anni fa oggi viene riconosciuto come il più pericoloso. Meno inquinanti risultano infatti gli inceneritori con sistema di depurazione ad umido, perché più idonei a rimuovere i gas acidi, i metalli pesanti, le polveri, i microinquinanti organici, incluse le diossine. Perché i nuovi bandi siciliani, con l’impegno forte del governo, ripropongono allora la realizzazione di impianti obsoleti? È un quesito ovvio, la cui risposta richiede comunque delle ricognizioni, a partire dalla società che ha beneficiato del favoloso subappalto, di cui sono stati evidenziati nella precedente inchiesta sul tema alcuni trascorsi.

Nel sito web che ne definisce profilo e attività, la Pianimpianti, amministrata da circa un decennio dal calabrese Roberto Mercuri, presenta sé stessa come una società di engineering & contracting, che cura la realizzazione di impianti dedicati alla salvaguardia dell'ambiente. In realtà, manifesta un profilo piuttosto vago. Dispone beninteso di uffici, manager, uno staff di funzionari. Non realizza tuttavia con tecnologie proprie gli impianti che s’impegna a consegnare “chiavi in mano”. Si avvale bensì dei mezzi materiali e logistici di una società non Italiana: la Lurgi di Francoforte, che è invece una presenza di rilievo nelle costruzioni per la siderurgia, la chimica e l’energia, con stabilimenti in Polonia, negli Stati Uniti, in India, nel Sud Africa. La società di Mercuri, non esente fra l’altro di connessioni con il Lussemburgo, è in sostanza una società di intermediazione, che, nelle logiche del terziario più mosso, fonda i propri guadagni sulla forza di contatto di cui dispone, da un lato con il partner tedesco, dall’altro con i committenti, pubblici e privati. E su tale facoltà di contatto dell’impresa, che è stata ritenuta non priva di diramazioni politiche, essendone stato vice presidente un noto ex parlamentare, si sono accentrate le attenzioni di diverse magistrature. A partire comunque da quella calabrese, che nello scorso marzo ancora una volta ha chiamato in causa Mercuri e un altro esponente della società di Milano, Aldo Bonaldi, nell’ambito di una inchiesta su finanziamenti e appalti nell’area crotonese.

Il rapporto Pianimpianti-Lurgi, maturato nell’ultimo decennio, reca delle ragioni solide, da ambedue le parti. La prima ha motivo di appoggiarsi a una potente realtà industriale off-shore, per la qualità e la competitività tipiche del prodotto tedesco, per le occasioni che possono venirne sui mercati esteri, ma non solo. Dal canto suo, la Lurgi ha avuto buoni motivi per collegarsi con Pianimpianti, pure con partecipazioni societarie, ravvisando nella medesima una testa d’ariete, ai fini della conquista di tessere di mercato in Italia: un terreno difficile, dominato da gruppi del calibro di Enel, Falck e Impregilo, ma condizionato pure da un ridotto club di multinazionali europee, come la francese Veolia e l’inglese International Power. Pur d’indole distante, entrambe le parti hanno tratto quindi guadagno dall’accordo, malgrado gli inconvenienti giudiziari che, in alcuni casi almeno, hanno dovuto condividere. Sono riuscite a incassare commesse importanti, a partire da quella dell’Api per la realizzazione in Calabria della più grande centrale a biomasse d’Europa. La società di Mercuri ha potuto portare il proprio fatturato dai 20 milioni di euro del 1999 alle centinaia di milioni degli anni più recenti.

A questo punto s’impongono delle riflessioni. Il gruppo Falck, presente nel top europeo dell’energia, avrebbe potuto realizzare da sé, o quasi, i tre impianti, ponendo in campo l’esperienza e i supporti di Actelios ed Elettroambiente. Non lo ha fatto. In subordine avrebbe potuto richiedere mezzi e supporti ad Enel Produzione, Amia e Catanzaro Costruzioni, presenti nelle compagini con quote non indifferenti. Ma anche questo non è avvenuto. Ha affidato invece la parte più imponente dell’affare siciliano a una società nota per le sue disinvolture, quella di Mercuri appunto, collegata per di più con una impresa di Francoforte che dal gruppo medesimo avrebbe potuto essere considerata, con buone ragioni, una possibile concorrente sugli scenari europei. È il caso di aggiungere che prima della firma del contratto le società aggiudicatarie non avevano mai avuto rapporti di un tale rilievo con Pianimpianti, né, fatta salva la forzata continuità della vicenda, ne hanno avuto dopo. L’accordo, distante da ogni garanzia pubblica, come è nelle logiche dei subappalti, è avvenuto allora in modo regolare o condizionato? Una risposta non può essere data, ma gli scenari che fanno da sfondo appaiono significativi.

Sulle energie dette rinnovabili si scommette da tempo. Il business che si erge su di esse, andato coniugandosi con quello dell’acqua e dei rifiuti, è tuttavia relativamente recente, con forti rilanci negli anni novanta, ma soprattutto nell’ultimo decennio, in virtù pure dell’azione dei governi che hanno sottoscritto, nel 1998, il protocollo di Kyoto. Sul fotovoltaico, sull’eolico, sulle energie idroelettrica e da biomasse, si sono esposte in effetti, con investimenti importanti, le maggiori società italiane operanti nell’energia, come Eni, Enel, Falck, Edison, Ansaldo, Helios Tecnology, Artemide, oltre che l’ente di ricerca Enea. Un’attrazione del tutto particolare ha suscitato altresì, nell’ambito della produzione da biomasse, la termovalorizzazione dei rifiuti, cui è riservata la parte maggiore degli incentivi “Cip6”, garantiti dal governo. Ne è scaturito quindi un sistema che, pur fortemente differenziato al proprio interno, tende a prescindere dai canovacci e dai retaggi di un paese economicamente diviso, ritrovando un terreno strategico proprio nelle regioni del sud, Sicilia inclusa. E qui è il punto. Nel sud sono state ravvisate le migliori condizioni climatiche e ambientali per lo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico. Vi risiedono altresì le maggiori emergenze da risolvere in tema di rifiuti e acqua. Vi resistono infine deficit strutturali e distanze da colmare, tali da poter animare disegni economici di lungo respiro. Ma le regioni del sud non sono solo questo. Sono sede di consorterie economiche, di mafie che non usano rimanere a guardare. La “scoperta” di tali aree, dal versante appunto delle energie rinnovabili e dei bisogni primari, ha implicato quindi delle prese di contatto, che, come testimoniano numerosi dati, anche di tipo giudiziario, si sono avute a vari livelli.

La Sicilia degli anni di Cuffaro ha costituito, sotto tale profilo, una sorta di laboratorio. Ne danno uno scorcio le esposizioni di un reo confesso di rango, Francesco Campanella, circa le attività meno visibili del consorzio di Metropolis Est, le gestioni anomale di fondi Ue, gli interessi legati alle acque, i giri di tangenti, i nessi fra imprenditoria e politica. È quanto emerge altresì, nell’ambito del processo “Talpe in Procura”, dalle deposizioni del boss agrigentino Maurizio Di Gati, circa l’interesse che le cosche avrebbero avuto per gli inceneritori sin dal 2001, quando ancora non era in progetto la loro realizzazione in Sicilia. Che il seguito non sia da meno lo si rileva comunque dai fatti: dalle trame che si avvertono nei territori in cui sono destinati a sorgere i termovalorizzatori, ma pure i gassificatori; dalle oscurità della politica; dai vuoti di democrazia che insistono, mentre si fa il possibile per espellere le realtà che non scendono a patti con le economie e le politiche più opache, come testimonia la vicenda, esemplare sul piano civile, della società Moncada Costruzioni, che in provincia di Agrigento ha inaugurato nel 2005 il parco eolico di Monte Mele. D’altra parte, anche il vento promette affari di un certo tipo. Dall’inchiesta “Eolo”, condotta di recente dal pm Roberto Scarpinato, della Dda di Palermo, si apprende infatti di rapporti che malavitosi di Trapani avrebbero intrecciato con imprenditori di diverse aree della penisola per lo sfruttamento l’energia eolica. E oltre lo stretto, in Calabria, in Campania, in Puglia, vige, naturalmente, dimostrato da sequenze di fatti, lo stesso paradigma.

Fin qui il clima appunto, che è stato e rimane quello di un mondo convulso, capace di subordinare tutto a degli scopi: dalla complessa macchina regionale alla stessa Unione europea, che, pur distante ed estranea, è stata resa una agenzia di servizio, una fonte cui poter attingere senza misura, come lo è stato a lungo la Cassa per il Mezzogiorno. Le distanze e le estraneità, proprio perché tali, possono essere tuttavia motivo di sorprese. Riprendendo il filo del rapporto Falck-Pianimpianti, proprio la Corte di Giustizia della Ue, con l’annullamento delle aggiudicazione dei quattro inceneritori, ha finito infatti per sparigliare le carte, nel 2007. E tutto questo proprio sul mega-affare dei 500 miliardi di euro ha avuto gli effetti più dirompenti.

Dopo la firma del contratto con il gruppo Falck, la Lurgi ha perso poco tempo. Come da impegni, due anni dopo ha realizzato infatti gli impianti per la Sicilia. Non potendone effettuare tuttavia la consegna, a causa dell’intervento della Ue, ha dovuto parcheggiarli nei propri stabilimenti di Francoforte, dove sono divenuti anno dopo anno obsoleti. Proprio di recente ne è nato allora un contenzioso, mosso dalla società tedesca, acquisita intanto dalla multinazionale francese Air Liquide, leader mondiale nei gas per l’industria e l’ambiente. In sostanza, trovatasi a distanza di quattro anni dalla firma con i tre impianti fermi in Germania e tecnologicamente obsoleti, la Lurgi ha deciso di adire le vie legali contro Pianimpianti e Falck, rivendicando il diritto di recedere dal’accordo del 2005 e di essere pienamente risarcita. Per tutta risposta la società di Mercuri, avvalendosi della clausola che fissava il termine del diritto di recesso in due anni, ha fatto ricorso contro l’impresa tedesca per “frustrazione di contratto”.

Evidentemente, tenuto conto che sono in gioco mezzo miliardo di euro e che la Lurgi ha sufficienti ragioni per vincere, si è aperta per le due società italiane una partita pericolosissima, per differenti motivi. L’impero Falck rischia di essere messo in ginocchio, nell’economia reale, con contraccolpi ipotizzabili pure a Piazza Affari e in altre Borse. La società di Mercuri rischia di essere travolta, e non solo: nel caso di dissoluzione, rischia di dover rendere conto, come non è avvenuto ancora a sufficienza, del suo passato economico, delle sue reali consistenze, delle sue diramazioni, in Italia e all’estero. Le due contraenti italiane recano insomma sufficienti motivi per mettere in campo tutte le loro facoltà per evitare il baratro. E le parole di Berlusconi ad Acerra ne marcano per certi versi un riscontro, non si sa quanto misurato, concordato, calcolato. Le popolazioni siciliane come ne usciranno allora? Probabilmente, per il bene del capitalismo italiano di buon nome, e di quello di altra reputazione, non avranno solo gli inceneritori più grandi d’Europa, ma pure i più inquinanti, i più grondanti di gas e diossine.


Fonti: Domani.arcoiris.tv - “L’Isola Possibile” Rivista mensile allegata a “Il Manifesto”



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mercoledì 8 luglio 2009

Festa della legalità a Vittoria


Giorno 10 Luglio dalle 19 in poi avremo modo di continuare a percorrere "le strade della legalità", secondo il cammino iniziato giorno 13 Giugno scorso, data della nascita di Libera a Vittoria, con la consegna di altri due beni confiscati dal Comune di Vittoria a due cooperative che si occupano di soggetti svantaggiati.
Il tutto nella cornice di una consegna già avvenuta del bene confiscato in C/da Farnazza ai nostri carissimi Scout dell'Agesci che che destato non poche "attenzioni particolari"! Per questo saranno presenti il sindaco di Vittoria Giuseppe Nicosia a rappresentare l'amministrazione che ha voluto l'assegnazione dei beni e, oltre a Rosario Crocetta da sempre impegnato nella lotta antimafia, anche Leoluca Orlando, uno dei protagonisti della "primavera di Palermo" degli anni '80. Eugenio Garavini, Capo Scout Nazionale, per un segno di vicinanza a chi, delle nostre comunità Scout di Vittoria, si è preso la non facile responsabilità di gestire un bene confiscato periferico- quello di c/da Carnazza- subendo non poche pressioni!

E' per questo che anche LIBERA RAGUSA sarà presente con forza alla Festa di Giorno 10 Luglio. Ci sarà inoltre il nostro coordinatore regionale di Libera Sicilia, Umberto Di Maggio, a significare tutta la nostra partecipazione a questi percorsi concreti che segnano solo l'inizio del nostro insediamento a Vittoria!
Ci saranno anche della buona musica e soprattutto i banchetti delle varie associazioni e la degustazione dei prodotti LiberaTerra che vengono direttamente dai terreni confiscati alle mafie e lavorati dalle cooperative che aderiscono alla nostra rete antimafia!

Gianluca Floridia
coordinatore Libera Ragusa



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domenica 5 luglio 2009

E' nata Attinkitè


E' nata a Modica l'associazione Attinkitè che si propone di essere un luogo di condivisione dell'associazionismo modicano. Tutti assieme senza protagonismi.
Attinkitè organizza una rassegna di documentari e film presso Palazzo Grimaldi (C.so Umberto, Modica).



Le proiezioni si terranno secondo il seguente calendario:

- 9 LUGLIO ORE 21: "Fast Food Nation" di R. Linklater
- 16 LUGLIO ORE 21: " Angeli distratti" di G. Arcopinto
- 23 LUGLIO ORE 21: " U stissu sangu" di F. Di Martino e
S. Adernò

L'INGRESSO ALLE PROIEZIONI E' GRATUITO

Giorno 23 Luglio al termine della proiezione si svolgerà la festa conclusiva presso il Caffè Letterario "Hemingway"



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venerdì 3 luglio 2009

Sosteniamo I Siciliani


Dopo l’assassinio mafioso di Giuseppe Fava, il 5 gennaio 1984, i redattori de I Si­ciliani scelsero di non sbandarsi, di te­nere aperto il giornale e di portare avanti per molti anni la cooperativa giornalisti­ca fon­data dal loro direttore, affrontando un tem­po di sacrifici durissimi in nome della lotta alla mafia e della libera informazio­ne. Anni di rischi personali, di sti­pendi (mai) pagati, di solitudine istitu­zionale (non una pagina di pubblici­tà per cinque anni!)

Oggi, a un quarto di secolo dalla morte di Fava, alcuni di loro (Graziella Proto, Ele­na Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza e Lillo Venezia, membri allora del CdA della cooperativa) rischiano di per­dere le loro case per il puntiglio di una sentenza di fal­limento che si presenta - venticinque anni dopo - a reclamare il dovuto sui po­veri de­biti della cooperati­va. Il precetto di pignoramento è stato già no­tificato, senza curarsi d’attendere nemme­no la sentenza d’appello. Per pa­radosso, il creditore principale, l’Ircac, è un ente re­gionale disciolto da anni.

E’ chiaro che non si tratta di vicende perso­nali: la redazione de I Siciliani in que­gli anni rappresentò molto di più che se stes­sa, in un contesto estremamente dif­ficile e rischioso. Da soli, quei giovani giornalisti diedero voce udibile e forte alla Sicilia onesta, alle decine di migliaia di siciliani che non si rassegnavano a convivere con la mafia. Il loro torto fu quello di non dar spazio al dolore per la morte del direttore, di non chiudere il giornale, di non accetta­re facili e comodi ripieghi professionali ma di andare avanti. Quel torto di coerenza, per il tri­bunale fal­limentare vale oggi quasi cen­tomila euro, tra interessi, more e spese. Centomila euro che la giustizia catanese, con imbarazzan­te ostinazione, pretende adesso di incassa­re per mano degli uffi­ciali giudiziari.

Ci saranno momenti e luoghi per appro­fondire questa vicenda, per scrutarne ra­gioni e meccanismi che a noi sfuggono. Adesso c’è da salvare le nostre case: già pi­gnorate. Una di queste, per la cronaca, è quella in cui nacque Giuseppe Fava e che adesso, ereditata dai figli, è già finita sotto i sigilli. Un modo per affiancare al prezzo della morte anche quello della beffa. La Fondazione Giuseppe Fava ha aper­to un conto corrente (che trovate in bas­so) e una sottoscrizione: vi chiediamo di darci il vostro contribuito e di far girare questa ri­chiesta. Altrimenti sarà un’altra malinconi­ca vittoria della mafia su chi i mafiosi e i loro amici ha continuato a combatterli per un quarto di secolo.

Elena Brancati, Claudio Fava, Rosario Lanza, Graziella Proto, Lillo Venezia
I bonifici vanno fatti sul cc della "Fonda­zione Giuseppe Fava" Credito Siciliano, ag. di Cannizzaro, 95021 Acicastello (CT) iban: IT22A0301926122000000557524 causale di ogni bonifico: per "I Siciliani"

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Scarica il manifesto/volantone A3. Ecco una versione leggera fatta per il web, http://www.ucuntu.org/pdf/Appello_ISiciliani_A3_web.pdf - se volete stamparla e farla girare scaricate questa ad alta risoluzione http://www.ucuntu.org/pdf/Appello_ISiciliani_A3_hires.pdf

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