venerdì 20 novembre 2009

A Modica strada dedicata a Peppino Impastato


Al Sindaco del Comune di Modica

E pc agli organi di informazione

Oggetto: richiesta intitolazione di una strada cittadina a Peppino Impastato.

Gentile sig. Sindaco,

come ormai molti sanno, il 9 maggio del 1978 rappresenta una data di svolta della storia politica italiana non solo perché si tratta del giorno dell’omicidio di Aldo Moro, ma anche di quello della morte di Peppino Impastato.

La figura di Impastato riveste infatti un grande valore simbolico per l’Italia e in particolare per la nostra terra. Questo giovane militante della sinistra muore infatti per una serie di motivi che non possono ancor oggi non destare la nostra attenzione e la nostra coscienza civile.



Il primo: Impastato muore perché sceglie di contrapporsi alla mafia e anzitutto alla mentalità mafiosa, con un coraggio e una determinazione allora incompresi: egli capì che la mafia è certo un’organizzazione criminale dedita all’illecito profitto, ma essa è anche un modo di essere e di pensare che avvelena le coscienze, contamina la politica, pervade la società e le rende ottuse e insensibili al senso della libertà e della dignità dei cittadini.

Il secondo: Impastato muore perché sa che a fondamento della democrazia si situa la libertà di stampa, di informazione, di dibattito e di critica; muore da giornalista di una radio ‘libera’, che con mezzi risibili e in un ambiente ostile come quello di Cinisi, dominato dai Badalamenti, combatte una battaglia di libertà.

Il terzo: Impastato muore perché si rende conto che l’unico vero motore possibile del cambiamento sociale, della liberazione della Sicilia e dell’Italia dalla mafia e da tutte le mafie, è rappresentato dalla testimonianza, dalla scelta coraggiosa dei cittadini di opporsi ad ogni forma di potere antidemocratico, corruttore e violento; muore cioè perché capisce che non ha senso continuare a chiamare in causa le colpe dei politici e del palazzo se non si esce dal qualunquismo e non si dà voce e dignità alla cittadinanza, alle donne e agli uomini della nostra terra e della nostra nazione, rendendoli protagonisti di una mutazione antropologica.

Per questi motivi, siamo convinti che l’opera e la figura di Peppino Impastato debbano rimanere nella memoria viva della nostra e delle future generazione, come monito e come esortazione, come segno di speranza.

Facendo seguito ad una proposta già avanzata nel 2007 dal Movimento Studentesco Modicano, ed ufficialmente presentata data 3/12/2008 a codesta amministrazione i sottoscritti Consiglieri Comunali Migliore Giovanni, Mandolfo Diego, Cerruto Antonino, Zaccaria Giorgio, Cerruto Carmelo chiedono che il Comune di Modica intitoli a Peppino Impastato la nuova bretella di collegamento tra Via Risorgimento e Via San Giuliano.

Si allega alla presente alcuni riferimenti bibliografici della figura di Peppino Impastato.

Modica, 18/11/2009

Migliore Giovanni, Mandolfo Diego, Cerruto Antonino, Zaccaria Giorgio, Cerruto Carmelo

http://www.peppinoimpastato.com/

su Facebook il gruppo “Dedichiamo una via, una piazza o una targa a Peppino Impastato”:

http://www.facebook.com/group.php?gid=187285320907

Chi è Peppino Impastato?

Peppino Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso nel 1963 in un agguato nella sua Giulietta imbottita di tritolo).

Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L’idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi, partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.

Nel 1976 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale.[1]

Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e di suicidio dopo la scoperta di una lettera scritta in realtà molti mesi prima. L’uccisione, avvenuta in piena notte, riuscì a passare la mattina seguente quasi inosservata poiché proprio in quelle ore veniva “restituito” il corpo del presidente della DC Aldo Moro in via Caetani a Roma.

Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione[2] di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.

Il 9 maggio del 1979, il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il paese.

Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.

Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza connection.

Nel gennaio 1988, il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 lo stesso tribunale decide l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.

Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto.

Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.

I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia all’udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.

Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.

Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini. Nella commissione si rendono note le posizioni favorevoli all’ipotesi dell’attentato terroristico poste in essere dai seguenti militari dell’arma: il Maggiore Tito Baldo Honorati; il maggiore Antonio Subranni; il maresciallo Alfonso Travali.[3]

Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a trent’anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo.

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