mercoledì 24 dicembre 2008

Sicilia, sinistra, lavoro. Parlando con Claudio Fava



L’Italia nel dicembre del 2007 fu scossa dalla tragedia della Thyssen, persero la vita sette operai mangiati dalle fiamme di una quasi dismessa fabbrica tedesca. Un anno dopo in molte città della penisola si è voluta tenere alta l’attenzione su questa pagina nera. A Siena a ricordare quella strage è Claudio Fava,

coordinatore nazionale di Sinistra Democratica, impegnato nella lotta alla mafia, e tra i protagonisti dell’esperienza del mensile “i Siciliani”. Mensile diretto da suo padre, Pippo Fava, assassinato da Cosa nostra. Con Claudio Fava al termine dell’iniziativa abbiamo parlato della Thyssen, della Sicilia e della sinistra italiana. Quest’ultimo argomento risulta non poco doloroso per chi ancora si ostina a sognarla come fa il coordinatore di SD.
Un anno fa la tragedia della Thyssen, c’è stata una risposta politica?
Si, c’è stata una risposta politica ma è stata pessima. Perché la risposta è stata quella di reagire con senso di fatalità al crescere esponenziale dei morti sul lavoro e di attaccare, come fa la proposta della Confindustria sostenuta da questo governo, il contratto di lavoro. Sottrarre al lavoro tutto quello che riguarda la qualità, la garanzia e la certezza della sicurezza. C’è stata una risposta non adeguata, nel senso che si continua a ritenere che se qualcuno deve parlare di colpe e responsabilità è la magistratura. La magistratura interviene applicando le regole del codice, ma ci sono regole non scritte che spetterebbe alla politica riabilitare, rimettere in linea e pretendere che facciano parte della capacità di risposta politica di questo governo. Ci sembra che ci si muova in una direzione opposta. Non è un caso che uno dei ministri più deputato a discutere tutto ciò all’ultimo incidente mortale sul lavoro abbia detto che c’è anche un problema di distrazione degli operai. Questa la dice lunga su quale è il senso di attenzione e di pudore con cui si segue questa vicenda.
Passando alla Sicilia, come è la Sicilia dopo Cuffaro?
Continua ad essere un luogo dove ogni bisogno diventa consenso, dove c’è una astratta libertà affidata a regole imponderabili, una concreta assenza di libertà, una concreta sottomissione alle regole della clientela, della protezione, della mediazione politica. E la politica in questo senso a sviluppato forme scientifiche ed efficacissime di mediazione. Lombardo rappresenta una messa a punto del metodo Cuffaro, un metodo ancora più scientifico ed elaborato. Ma il metodo è quello, cioè considerare i bisogni della Sicilia come una grande risorsa per costruire obbedienza e consensi. Lombardo, da questo punto di vista, è un maestro.
A lei la mafia le ha tolto tanto, come ha trovato la forza di reagire, di lottare contro la mafia?
Come la trovereste voi, come la state trovando a fare questo giornalino. Uno reagisce non perché gli ammazzano qualcuno ma perché non ti va di ingoiare, mi è permesso l’eufemismo, bocconi di merda. Alla fine siamo un po’ tutti Peppino Impastato se ne abbiamo voglia, l’importane è che quando ti trovi di fronte alla necessità di scegliere, scegli ciò che ritieni più giusto, non più conveniente. In quella scelta di coerenza apparteniamo tutti ad una grande sfida, ad una grande e antica guerra di liberazione dalla mafia.

Abbandonando di nuovo la Sicilia, c’è un futuro per la sinistra italiana?
C’è un futuro, non c’è un presente. Bisognerebbe cominciare a lavorare sul presente della sinistra italiana. Vogliamo lanciare un’idea di sinistra che sia meno identitaria, meno ripiegata su se stessa, meno disposta a custodire i paramenti sacri dell’orgoglio comunista, più disposta a mettersi in discussione. E di questa sinistra nuova, aperta, popolare, laica, appassionata e allo stesso tempo capace di parlare il linguaggio reale, questo paese ne ha un gran bisogno. Quindi più di futuro bisogna parlare del presente della sinistra.
Tutto questo coincide con l’idea di Ferrero?
Non coincide, perché Ferrero, rispetto le sue scelte, ha un’idea più tradizionale e ortodossa. Ai ragazzi della Thissen non puoi parlare di classe operaia ma di lavoro. Non penso che a loro interessi considerarsi una classe, penso che a loro interessi considerarsi operai che vivono male e faticosamente il loro tempo e il loro lavoro, e qualcuno che di questi problemi se ne faccia carico. E per farsi carico di questi problemi non devi appenderti al bavero della giacca falce e martello, devi cominciare a praticare un’idea di sinistra con tutte le sue ragioni e i suoi valori, che oggi è anche capace di andare oltre i simboli che la hanno accompagnata nel secolo scorso.


Giorgio Ruta

1 commento:

ciuri ri campu ha detto...

Grazie a Giorgio e ai ragazzi del Calndestino, sempre "resistenti" in questa nostra terra, la Sicilia, che ha bisogno di persone che si icazzano quando devono ingoiare "bocconi di merda", come dice Claudio Fava in questa bella intervista! Quando ti incazzi,è perchè sei indignato,e quindi è perchè sei vivo!!!
Un vero combattente di questa "guerra di liberazione" dalle mafie, Tonio dell'Olio responsabile di "Libera International-FLARE", la rete antimafia europea e internazionale che si sta creando oggi, mi diceva qualche settimana fa che: " in Sicilia esistono ottimi musicisti solisti e pochi suonatori di orchestra". E' vero!
Se dobbiamo combatterla questa guerra, se dobbiamo vincerla dobbiamo "cuntrastare" insieme, dobbiamo imparare a suonare in armonia con gli altri che vogliono cambiare. Oltre i nostri recinti.
Come fanno i ragazzi del "Clandestino" in questo nostro angolo di Sicilia.
Come vuole fare Claudio Fava con una Sinistra che non parli solo a se stessa, ma a tutta la società!

Gianluca Floridia
Libera Associazioni Nomi e numeri contro le mafie, Ragusa